Indagare il mistero della vita partendo dal suo elemento originario: la cellula. E’ questo principio vitale il punto di partenza della ricerca di Walter Puppo (1957) nato all’isola d’Elba e diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Firenze.
Fin dall’inizio il suo lavoro, di impronta fortemente pittorica, prende le distanze dalla superficie bidimensionale del quadro che sente come limitante. Cercando una sintesi tra contenuto e forma approda a sagome irregolari, allungate, frontali, che riportano a visioni arcaiche – pietre o gocce – elementi strettamente legati alla natura. Ma anche al suo vissuto personale con il rimando alla morfologia dell’isola e alla sua condizione esistenziale d’ isolamento. Come spesso accade alle forme e ai simboli lasciati per lungo tempo a sedimentarsi nell’inconscio e nella memoria, ciò che resta della loro esistenza è soltanto l’impronta. Nascono così le sue Cellule che, riproducendosi quasi per mitosi, danno vita ad una cosmogonia personale popolata da “cellule-sagome” di piccole, medie e grandi dimensioni semplici, doppie o ritagliate. Variano non solo nella forma ma anche nei colori e si presentano con uno spettro cromatico che va dai toni più caldi e materici che richiamano la terra e il fuoco, ai toni più freddi e impalpabili dell’aria e dell’acqua, testimoniando il legame sempre presente con gli elementi naturali. Il suo è un linguaggio artistico ed estetico netto e semplificato in cui il colore si fonde con la materia del supporto e arriva all’essenza dell’essere, al nucleo della cellula da cui tutto ha origine. La circolarità della cellula indica un flusso continuo, un ricorrersi senza tregua, inizio e fine di un tempo indefinito, vacuità e pienezza di uno spazio indecifrabile. E come in un peregrinare continuo e circolare la dimensione artistica si sovrappone a quella personale, ritornando al punto di partenza per chiudere il cerchio della ricerca artistica. O forse del senso della vita.