Una ricerca condotta a doppio filo nella moda e nell’arte si rintraccia negli ultimi lavori di Angela Filippini, che sarebbe superficiale classificare semplicemente come materici.
Là, dove i lavori dei più accreditati artisti moderni e contemporanei si concretizzano nell’aggiunta e nella sovrapposizione di materiali diversi sulla superficie piana della tela, che si spinge alla ricerca della terza dimensione, Angela va a sottrarre parte del materiale che costituisce la tela stessa. La sua diventa così un’arte di sottrazione dove l’azione del togliere fili di trama e ordito le permettono di intessere un racconto pittorico di poesia e astrazione.
Così si racconta l'artista: "Nelle mie opere seguo un percorso concettuale dove la tela non è più solo supporto inerte al colore, ma diventa essa stessa protagonista dell'opera attraverso una tecnica particolare di sfilature e restituzioni. Seguendo un preciso disegno scompongo la tela per creare nuove possibilità, restituendole un'altra dimensione, quella del mio essere, che mi allontana da tutto ciò che è ovvio e reale. Terminata l' analisi ricompongo il tutto, amalgamando tela e colore che, formando un unico e denso nuovo insieme, danno corpo all'idea originaria”.
L’essenzialità è raggiunta con l’alternanza delle tinte bianche e nere dei filati che, impregnati di colore, conferiscono spessore e matericità alle tele. Lo sguardo dell’artista è spesso rivolto a boschi incantati nel gelo dell’inverno o nel buio della notte. Sono paesaggi interiori che nulla hanno a che vedere con i paesaggi reali che costituiscono l’ambiente marino e solare della costa adriatica dove l’artista vive. L’esperienza maturata nel campo del fashion l’ha portata ad approfondire da autodidatta la conoscenza e la potenzialità espressiva del tessuto che utilizza come strumento ideale perché duttile al volere della sua creatività. Così da un’azione distruttiva, riesce a tirar fuori dalla tela l’anima delle cose per dare loro linfa di vita nuova.