Artista multidisciplinare ed eclettico, sperimentatore instancabile di tecniche e materiali, Max Marra passa senza soluzione di continuità dal disegno alla pittura e alla scultura. Nato nel 1950 a Paola (CS), da molti anni vive e lavora in Brianza dove ha portato avanti la carriera accademica in parallelo con quella artistica, partecipando a molteplici concorsi e mostre in cui i suoi lavori pittorici si sono sempre distinti per la forza e la fisicità che emanano. A tale fisicità contribuisce una tecnica particolare che regala tridimensionalità alla superficie della tela con rigonfiamenti, fasciature e giunture con l’uso di materiali di recupero e impasti di colore. Matericità che negli anni è andata via via alleggerendosi come risultato visivo per guadagnare in profondità di messaggio. La sua tavolozza cromatica è essenziale e ristretta ai colori primari usati singolarmente: i suoi “rossi”, i “neri” e i “blu” sono diventati la sua cifra stilistica. Ma ancora più potenti sono i suoi lavori in bianco: acromatici ma tutt’altro che anonimi, in questi lavori l’artista si assume l’onere di rendere tangibile l’incolore aggiungendo e sottraendo colore e intervenendo sui materiali. La sua ricerca della tridimensionalità mira a dare forma alla pittura con gessi, stucchi, gomme lacche che stimolano il tatto oltre che la vista dell’osservatore. Anche nel disegno, pur con tratti essenziali, scabri ma incisivi, riesce a infondere l’essenza della sua poetica senza l’ausilio dei materiali ma unicamente con la forza del segno. Segno che si fa simbolo, medium di un messaggio unico che semplicemente trova altri mezzi per esprimersi. Volti senza orecchie, mani e piedi, occhi: c’è la condizione umana, non l’uomo nei dipinti e nei disegni di Marra. E’ il suo cosmos, il suo mondo interiore che emerge dal profondo in superficie per denunciare l’ineluttabilità della vita dilaniata dalla lotta incessante tra bene e male, tra vita e morte.