Per il sesto anno consecutivo l’associazione culturale Art Mont Blanc – fondata da Glorianda Cipolla nel 2010 – propone, in collaborazione con il FAI – Fondo Ambiente Italiano, un importante evento artistico estivo a Courmayeur: l’esposizione Art Trekking – Ascensioni contemporanee sul Monte Bianco dal 28 luglio al 25 agosto 2019, alle Maisons de Judith, in frazione Pra Sec della val Ferret a 1623m di altitudine. Nelle due antiche baite lungo la Dora della Valle Ferret prosegue il dialogo tra la dimensione spirituale dell’arte contemporanea e l’ambiente ascetico della montagna. Il Monte Bianco si veste per le grandi occasioni e diventa il protagonista di un mese di fotografie, land art, pitture murali e video installazioni di alcuni autori di fama internazionale, pronti a rendere omaggio alla montagna sacra che ben rappresenta l’eterno dualismo uomo-natura. In Val Ferret approda un’idea ben precisa, eppure cangiante, di Monte Bianco, quella di un simbolo estremamente duttile, in grado di essere declinato in tanti modi. Pensieri, materiali e intuizioni diventano arte, sulle orme anche di Omar Ronda (1947-2017) che nel 1990 portò, con l’aiuto delle guide Renzino Cosson e Massimo Datrino, sul ghiacciaio della Brenva la sua installazione “Mutazioni Genetiche”, con l’intento di spingere l’uomo oltre i suoi limiti. Ronda, con la sua piramide d’oro e la sua vegetazione desertica di plastica, si poneva come obiettivo quello di esplorare il Monte Bianco sotto tre grandi aspetti. Quello estetico, in quanto il Massiccio era, fino al 1990, ancora incontaminato e assumeva le caratteristiche di un paradiso dove l’uomo non era arrivato in massa, l’aspetto filosofico per la posa della piramide dorata che conferiva alla montagna un’aura di eternità, la stessa delle piramidi, da 5000 anni simbolo di una perfezione intramontabile, infine l’aspetto sociale, forse il più importante, anche alla luce del mondo che cambia. Quest’ultima facciata, quella sociale, ci restituisce una doppia immagine della montagna più alta d’Europa: da una parte la neve e la silenziosa maestosità del Monte Bianco, dall’altra la vegetazione desertica dei cactus, creati e posizionati da Ronda. In questo senso, l’artista si dice spiazzato dall’eventualità che a più di 4500m un giorno potrebbe esserci della vegetazione, significa che qualcosa nel mondo sta cambiando, eppure nel 1990 era ancora lontano l’eco del cambiamento climatico globale.
All’interno, un grande Wall Drawing (2014) dell’artista concettuale inglese David Tremlett (1945) coinvolge la parete di legno antico. L’artista sottolinea il suo punto di partenza: il silenzio, per proseguire con forme geometriche che ricordano le pietre accumulate dal fiume che scorre sui bordi accanto alle baite, ai colori della sua vita di nomade moderno.
Fabio Adani (1974) espone le sue “Pagine di Diario di Viaggio” una tecnica mista scrittura e carta. Pagine di diario intorno al Monte Bianco in grado di emozionare raccontando la cronaca di un percorso, più che di un semplice viaggio. L’autore riesce a far trasparire emozioni, evocazioni e atmosfere rarefatte, lasciando che il pubblico le recepisca come spunti di riflessione per andare oltre.
Stefano Arienti (1961) è presente con la sua opera esterna, dietro alle baite, “Castello di legno” (2015). L’installazione è composta da libri di vario argomento e formato, parte di una semplice struttura di legno e pietra, pensata per l’esterno di un ambiente alpino. La presenza del paesaggio non è accessoria, ma contribuisce alla definizione della nuova velocità associata alla lettura, sottratta all’azione umana e rallentata dal ritmo biologico dell’evoluzione stagionale o quella ancora più lenta del tempo geologico. I libri inseriti nella catasta di legno sono in balia degli agenti atmosferici, ma contribuiscono alla stabilità di un edificio transitorio e minimo, dove il sapere stampato lentamente sarà rilasciato nell’ambiente, in una forma diversa da quella che ci aspettiamo dall’azione umana.
Beatrice Speranza con le sue Presenze, foto ricamate, ha voluto porre l’attenzione su due aspetti: il desiderio di elevazione e, allo stesso tempo, la sacralità della nostra madre terra e le sue vette che legano cielo e terra in un abbraccio.
Marco di Giovanni lavora sulle moleskine, le agende rese famose da Bruce Chatwin dove trasparirà il profilo del Monte Bianco. Il luogo fisico e limitato dal tempo dell’esperienza diventa un eterno accessibile, il viaggio c’è già stato: si è elevata la coscienza senza aver mosso un passo. L’oro copre punti sulle mappe ormai inutili per svolgere la sua ancestrale funzione di alchemico mezzo di trasporto.
Midge Wattles artista fotografa di New York e Ben K. Voss, scultore, hanno lavorato insieme per realizzate IMPRINTS: disegni scolpiti da Ben sulla neve come un istante riflesso o una presenza momentanea.
All’esterno della baite 36 pietre di granito del Monte Bianco compongono l’opera BONES (2014) di Richard Nonas, uno dei massimi artisti di Land Art. Nelle montagne tutto inizia dal cambiamento, ogni cosa è nel divenire e la memoria altera, nel dimenticare c’è una nuova trasformazione. Nelle montagne le pietre cadono, nella Val Ferret ci sono ancora pascoli, mandrie l’attraversano e restano ossa e pietre, una pausa nell’incessante pressione del mutamento.
La selezione di opere curata da Glorianda Cipolla, dimostra, ancora una volta, che l’interesse per la montagna valdostana non ha mai smesso di crescere e che il Monte Bianco, oltre a far sognare ancora, è vivo, più vivo che mai nell’immaginario non solo degli artisti, ma degli amanti delle ascensioni.